Nelle scorse settimane l’attore Bruce Willis ha dichiarato di ritirarsi dalle scene a causa di una malattia, l’afasia, una malattia ancora poco conosciuta, anche se ogni anno si registrano circa 20.000 nuovi casi.

Cos’è l’afasia?
Afasia letteralmente significa non parola, è un disturbo acquisito del linguaggio in cui mancano le parole. Si manifesta conseguentemente ad una lesione cerebrale (definizione Associazione Italiana Afasici A.IT.A). L’afasia può insorgere a seguito di:
- emorragia cerebrale / ictus;
- trauma cranico;
- tumore cerebrale;
- encefalite.
Le funzioni linguistiche vengono alterate in una o in tutte le sue modalità, sia sul versante orale che su quello scritto. Il paziente afasico avrà difficoltà nel parlare e/o nel comprendere e/o nella lettura e/o nella scrittura. Per capire cosa significa essere afasici si consiglia di vedere il video di Dario Fo realizzato per A.IT.A sul sito.
Quando mancano le parole?
L’afasia, a seconda della zona cerebrale colpita, assume forme diverse. In letteratura si individuano 7 tipi di afasie. La persona con un disturbo afasico potrebbe:

- usare le parole in maniera bizzarra;
- avere delle difficoltà nel trovare le parole giuste;
- formulare delle frasi di difficile comprensione;
- storpiare le parole;
- usare le parole ancora pronunciabili in qualsiasi contesto;
- fare difficoltà a comprendere quanto gli viene detto;
- non riuscire più a scrivere;
- non riuscire più a leggere;
Tutti questi sintomi possono presentarsi singolarmente, ma più frequentemente la persona presenta diverse difficoltà. L’afasia impedisce alla persona di comunicare in maniera funzionale con il mondo, provocando un notevole peggioramento della propria qualità della vita e della propria autonomia. La perdita dell’autonomia comunicativa impedisce alla persona di essere parte attiva del proprio mondo, ciò comporta una chiusura verso l’altro con sentimenti di svalutazione e senso di inutilità, che rischia di sfociare in una depressione.
Quali interventi possibili?
L’intervento prevede di coinvolgere in prima persona la persona afasica con interventi di tipo riabilitativo e parallelamente supportare i famigliari con interventi di tipo psicologico. L’afasico infatti non ha perso la “voglia di comunicare” ha solo perso uno dei mezzi che utilizziamo normalmente per comunicare, la parola. L’afasia non comporta la perdita delle emozioni e del piacere del condividere i momenti con l’altro.
L’intervento professionale deve avere come obiettivi quello di insegnare al paziente a comunicare in maniera quanto più efficace sfruttando le capacità residue e riabilitare, per quanto possibile, le funzioni compromesse. Durante il percorso riabilitativo si insegneranno al paziente strategie per accettare e superare le proprie difficoltà. La tecnologia è uno strumento fondamentale per fornire alla persona nuovi mezzi comunicativi, ad esempio mediante app specifiche per la comunicazione (let’s talk, parla per me).
Il recupero completo dall’afasia è un evento quasi impossibile, per questo motivo è necessario affiancare al lavoro riabilitativo anche un supporto psicologico. Il recupero dell’afasia risulta migliore quanto più il mondo che circonda la persona utilizza metodologie e strategie comuni, volte a stimolare e a far sentire la persona ancora in grado di interagire con il mondo.
Qualche consiglio pratico:
- non urlate, la persona vi sente;
- usate frasi brevi che prevedano risposte si/no;
- date tempo alla persona per rispondere;
- non pretendete che parli e comunichi come prima;
- non sostituitevi nella comunicazione.
La persona con afasia ha bisogno di comprensione e sostegno, non sta mettendo a dura prova la vostra pazienza, semplicemente parlare e comprendere non sono più una cosa naturale, ma sono diventate un’impresa titanica.
Presso lo studio KEA di Trieste e Fiumicello troverai un’equipe multidisciplinare capace di costruire un percorso riabilitativo personalizzato rivolto anche ai famigliari.
Dott.ssa Stefania Maraspin
Psicologa Psicoterapeuta
Psicologa dello Sport