Che cos’è il morbo di Parkinson?
Il morbo di Parkinson è una malattia ad evoluzione progressiva, caratterizzata da numerosi sintomi che compaiono durante il decorso della malattia, provocata dalla degenerazione di alcune aree del sistema nervoso centrale deputate al controllo motorio. Solitamente la malattia insorge intorno ai 60 anni, ma esistono anche rare forme di Parkinson giovanile, con esordio intorno ai 20 anni d’età.
Le aree colpite dalla degenerazione sono tipicamente i gangli della base, la malattia si manifesta dopo una riduzione della produzione di dopamina, che comporta una degenerazione dei neuroni della sostanza nera.

Quali sono i sintomi del morbo di Parkinson?
L’esordio del morbo di Parkinson è spesso insidioso, la durata della fase preclinica, ovvero il tempo che intercorre tra l’inizio della degenerazione neuronale e la comparsa dei sintomi motori non è nota, ma studi scientifici hanno riscontrato una durata di questa fase attorno ai 5 anni. I sintomi motori caratteristici della malattia sono:
- bradicinesia ovvero la difficoltà ad iniziare un movimento;
- rigidità muscolare, in fase avanzata si verificano dolori crampiformi agli arti inferiori e al tronco;
- il tremore a riposo di arti e/o del capo;
- instabilità posturale, caratterizzata da una lieve flessione in avanti del tronco e del capo, con adduzione degli arti superiori (atteggiamento camptocormico) con conseguente deambulazione festinante (passi rapidi, brevi e trascinati con accelerazioni involontarie);
- depressione, presente in circa il 40-50% dei casi;
- bradifrenia con bradilalia, ovvero una lentezza nell’ideazione e nella produzione linguistica;
- disturbi neurovegetativi: seborrea, scialorrea, ipersudorazione, aumento del ristagno vescicale, stipsi, ipotensione ortostatica e disturbi della termoregolazione corporea;
- decadimento mentale nel 20% dei casi.
La malattia progredisce dall’esordio monolaterale con deficit funzionale fino a raggiungere una totale perdita di mobilità volontaria e autonomia.
Quali sono le cause del morbo di Parkinson?
Il morbo di Parkinson è legato alla degenerazione cronica e progressiva delle strutture del sistema nervoso centrale deputate al controllo dei movimenti corporei. Non è stata ancora trovata la causa scatenante il morbo di Parkinson, ma sono stati individuati alcuni fattori di rischio quali:
- famigliarità per il morbo di Parkinson;
- traumi cerebrali;
- esposizione a sostanze tossiche;
- arteriosclerosi cerebrale;
- encefaliti;
- malattie vascolari;
- tumori dei gangli della base;
- farmaci antipsicotici.
Come viene fatta la diagnosi del morbo di Parkinson?
La diagnosi avviene attraverso esami di laboratorio e di neuroimmagine (TAC e risonanza magnetica), il morbo di Parkinson è suddiviso in stadi a seconda del grado di disabilità e compromissione della motricità, la diagnosi prevede le seguenti forme:
- completa: sono presenti rigidità, bradicinesia e tremore;
- ipercinetica: prevale il tremore;
- rigido-acinetica: prevale la rigidità e la bradicinesia;
- con instabilità posturale: con gli altri sintomi è presente il disturbo dell’equilibrio;
- complicata: con importante interessamento vegetativo e/o con interessamento multisistemico, specie dell’oculomozione;
- con depressione;
- con demenza o Parkinson-Demenza Complex: ai sintomi del morbo di Parkinson si aggiungono sintomi dementigeni.
Oltre agli esami strumentali è utile procedere ad una valutazione neuropsicologica, per quantificare lo stato cognitivo globale e l’evoluzione della malattia, evidenziando punti di debolezza e di forza della persona, avviando così percorsi di potenziamento cognitivi utili per fornire risorse e strumenti alla persona.
Quali sono le conseguenze del morbo di Parkinson?
Il morbo di Parkinson essendo una patologia degenerativa e cronica comporta una graduale perdita di autonomia ed un peggioramento della qualità della vita, l’aggravarsi della sintomatologia richiede un grado di assistenza sempre maggiore. La perdita progressiva dell’autonomia comporta un aumento della sintomatologia depressiva, che inibisce l’iniziativa del paziente e il senso di incapacità e inutilità, facilitando la progressione della malattia.
Quali sono i possibili trattamenti?
Al trattamento farmacologico (L-dopa) per il controllo dei sintomi, si aggiungono trattamenti di ordine riabilitativo, con l’intervento di diverse figure professionali, quali: neuropsicologo, psicologo, terapista occupazionale e fisioterapista.
In questa patologia, come in tutte le patologie croniche e degenerative è importante l’intervento di supporto psicologico sia alla persona affetta dal morbo di Parkinson, che ai caregivers. L’obiettivo di questi interventi è migliorare la qualità della vita delle persone, accompagnandole nell’accettazione della diagnosi e nella comprensione dell’andamento della malattia, fornendo strumenti utili alla vita di ogni giorno e premettendo l’espressione dei vissuti emotivi negativi esperiti nella quotidianità. Il supporto psicologico aiuta la persona affetta dalla malattia di Parkinson a contrastare l’insorgenza della sintomatologia depressiva, che si dimostra essere un “pericoloso accelerante” della progressione della malattia. Nei confronti dei caregivers un intervento di supporto aiuta ad essere più efficaci negli interventi quotidiani con il proprio caro, alla stesso tempo la maggiore consapevolezza dell’evoluzione della malattia permette al caregiver di elaborare in maniera positiva i propri vissuti dolorosi, di impotenze e di incapacità.
Soprattutto nelle fasi iniziali della malattia è utile l’intervento neuropsicologico, che avrà il compito di valutare, mediante appositi strumenti, la degenerazione cognitiva, evidenziando l’andamento della malattia e fornendo percorsi di potenziamento cognitivo utili al mantenimento e allo sfruttamento dei punti di forza del paziente nell’autonomia quotidiana.
La terapia occupazionale nella malattia di Parkinson
Già dalle fasi iniziali della malattia la persona può sperimentare delle limitazioni nello svolgimento delle attività di vita quotidiana: attività personali (lavarsi, vestirsi, mangiare), attività di gestione della casa (prepararsi un pasto, fare le pulizie), ma anche svolgere il proprio lavoro.
Il terapista occupazionale, dopo un’attenta valutazione della performance delle attività evidenziate dalla persona come difficoltose, svolge il proprio intervento con l’obiettivo di mantenere o compensare le competenze del paziente o del caregivers nello svolgimento di queste attività per lui/loro significative.
Questi cambiamenti possono avvenire a livello della persona stessa (mantenimento/recupero delle abilità motorie e cognitive), dell’attività (individuazione di strategie e/o adozione di ausili) o dell’ambiente sociale (addestramento del caregiver per lo svolgimento delle ADL) o fisico (adattamenti ambientali, abbattimento delle barriere architettoniche).
Le strategie e gli interventi che vengono selezionati sono specifici per ogni persona e altamente individualizzati.
Presso lo studio KEA di Trieste e Fiumicello trovate un’equipe multidisciplinare specializzata per rispondere alle diverse esigenze riabilitative del paziente e di supporto ai caregivers.