Le molte sfaccettature del bilinguismo

Il bilinguismo e il multilinguismo rappresentano, nel mondo di oggi, dei fenomeni sempre più diffusi e dibattuti. Gran parte della popolazione mondiale è bilingue, se non addirittura poliglotta, ed è per questo che la letteratura scientifica sta investendo grandi energie in quest’ambito di studi.

Bisogna, però, stare attenti a non commettere l’errore di categorizzare tutti i bilingui all’interno del medesimo gruppo: in effetti, sono molteplici le variabili che giocano un ruolo nella definizione del tipo di bilinguismo in essere, distinguendone in maniera chiara differenze e caratteristiche.

Sono almeno quattro i parametri che devono essere presi in considerazione:

  • età di acquisizione della L2 (Seconda Lingua) rispetto alla L1 (Lingua Madre). Se un bambino è esposto a entrambe le lingue entro i primi 2 anni di vita, si parla di bilinguismo simultaneo; se esso viene esposto alla L2 in un periodo compreso tra i 3 e gli 8 anni di vita, si tratta di bilinguismo sequenziale precoce; se l’esposizione, infine, avviene dopo gli 8 anni, si viene a definire un bilinguismo sequenziale tardivo. Va detto che, in generale, ciascun individuo, a qualsiasi età, è capace di apprendere una nuova lingua. Ciò nonostante, bisogna considerare che quanto più in là avviene l’esposizione alla L2, tanto maggiore sarà la fatica necessaria ad apprenderla; nel dettaglio, l’acquisizione delle regole grammaticali e la resa degli aspetti prosodici (l’accento, il ritmo dell’eloquio) si configurano come gli aspetti più ostici da rendere propri (mai capitato di andare in vacanza all’estero, e nonostante il vostro perfetto inglese vi venisse chiesto: “italiano, vero?”);
  • rapporto tra L1 e L2. Il fatto di conoscere due lingue, non implica necessariamente che esse vengano padroneggiate e praticate in egual misura. L’ambiente in cui viviamo, le abitudini quotidiane, il contesto culturale di riferimento sono tutti elementi che assumono una valenza per nulla trascurabile. Si distinguono: – bilinguismo equilibrato. L1 e L2 sono conosciute allo stesso modo e impiegate in egual misura (condizione per lo più utopistica); – bilinguismo dominante. Una delle due lingue è meglio conosciuta e più utilizzata rispetto all’altra; – bilinguismo additivo. Quando la conoscenza di una L2 rappresenta un arricchimento sociale, culturale e personale; – bilinguismo sottrattivo. Quando la conoscenza di una L2 rappresenta quasi un fattore di svantaggio rispetto all’ambiente socio-culturale circostante (i pregiudizi culturali possono portare l’individuo ad aver paura di rivelare le proprie origini, determinando talvolta la scelta volontaria di rinunciare del tutto alla L2, e con essa ad un pezzo della propria identità).
  • tempi di esposizione alla L2. Quanto un individuo è esposto alla L2? Vige una costanza temporale o ciò avviene soltanto in alcuni periodi dell’anno (ad esempio in estate, quando si rientra nel proprio paese d’origine)?
  • livello di competenza linguistica nella L2. Si parla di competenza prebasica quando la persona padroneggia un vocabolario limitato nella L2, e ne conosce per lo più la gestualità, il ritmo, e l’accento, di competenza basica se si è capaci di formulare frasi minime grammaticalmente corrette, e infine di competenza postbasica quando compaiono strutture grammaticali via via più complesse e il vocabolario è piuttosto ampio.

Considerato quanto finora illustrato, appare piuttosto evidente che il fenomeno del bilinguismo, e ancor di più quello del multilinguismo, si configurino come realtà complesse richiedenti, in qualsiasi caso, una valutazione multidimensionale completa che tenga conto di tutti gli elementi qui citati. Ciò risulta valido ancor di più quando ci troviamo di fronte a bambini bilingui con ritardo o disturbo del linguaggio. In questi casi, capita spesso che si finisca per ritenere l’esposizione a più lingue la causa della “confusione” linguistica del bambino: sappiate, genitori e non, che in linea generale non è assolutamente così. Gli studi recenti mettono insistentemente in luce gli innumerevoli vantaggi dell’essere bilingui, e ciò che spesso viene meno nel bambino in queste situazioni è più che altro la gestione dei due codici linguistici, ovvero una chiara definizione degli ambienti, degli interlocutori, e delle modalità mediante cui essi debbano essere impiegati.

In caso di dubbio, si raccomanda sempre di consultare uno specialista, in modo tale da inquadrare esaustivamente la situazione e poter definire in maniera chiara le strategie più adeguate da adottare.

Riferimenti bibliografici:

A. Marini, M. C. Levorato, Il bilinguismo in età evolutiva. Aspetti cognitivi, linguistici, neuropsicologici, educativi, Trento, Erickson, 2019

P. Bonifacci, G. Cappello, S. Bellocchi, Linguaggio e cognizione: implicazioni dal bilinguismo, RIFL (2012), 5: 7-21

C. Crescentini, A. Marini, F. Fabbrio, Competenza e disturbi del linguaggio nel plurilnguismo, EL.LE, Vol. 1, N. 3, Novembre 2012